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Respirazione a Bocca Aperta BambiniIl bambino che respira con la bocca
va visto da un team multidisciplinare

 

 

 

Indice dei contenuti:

La respirazione orale in età pediatrica, ovvero il problema del bambino che respira con la bocca e respira male durante il sonno, che a volte ha adenoidi e tonsille ingrossate e presenta apnee notturne, è un fenomeno in crescita. Il rimedio per non dormire a bocca aperta esiste ma non è uguale per tutti e richiede un approccio multidisciplinare, consente di stabilire  l'origine, giungere ad una diagnosi e stabilire una adeguata terapia per poi in seguito fare una corretta prevenzione. Intervenire nella più tenera età possibile è fondamentale.

Decidere di coinvolgere in modo autonomo, una dopo l'altra, varie figure professionali perché il problema non è mai definitivamente risolto può tradursi in una peregrinazione che è fonte di perdita di tempo prezioso, oltre che di denaro e di stress per il bambino e i genitori. 

Perché è importante respirare con il naso

La respirazione corretta, quella nasale, riveste un ruolo purtroppo sottovalutato.

Innanzitutto l'aria che viene inspirata dal naso percorre i turbinati, per cui viene riscaldata oltre che essere purificata.

Una funzione che è poco conosciuta, ma che è anche più importante, è poi quella svolta dal liquido lacrimale. Tale funzione ci fa capire come le lacrime non servano solo per piangere, anzi... Durante la notte, quando l'occhio è chiuso e non ha quindi bisogno di essere umidificato come di giorno, il liquido lacrimale scende lungo il dotto nasolacrimale e arriva nel naso (non a caso quando si piange si sente il bisogno di soffiare il naso) assolvendo ad una fondamentale funzione di umidificazione dell'aria in entrata, ma anche quella di catturare alcune sostanze presenti nel liquido lacrimale e trasportarle nell'alveolo polmonare ed, attraverso lo scambio gassoso, veicolarle a livello ematico. Attraverso il sangue tali sostanze vanno a stimolare alcune funzioni del sistema immunitario che sono poi quelle che aiutano a prevenire le allergie. Se questo meccanismo non avviene a causa di una respirazione orale, con un'aria quindi che non entra nel corpo con i giusti livelli di calore, umidità, nè con il meccanismo, appena accenntato, di scambio gassoso, si innesca un circolo vizioso che si autoalimenta, perché più il sistema immunitario è alterato, più aumenta la probabilità che il naso si chiuda. Le lacrime non servono per piangere.

Bambino che respira con la bocca aperta: a chi rivolgersi? Prima capiamo il problema.

Il problema va affrontato fissando preliminarmente alcuni punti chiave:

  • il fenomeno della respirazione orale è in netto aumento, tanto che oggi si può parlare, per le sue dimensioni, di vera e propria epidemia;
  • la respirazione orale in passato aveva una frequenza molto minore a livello della popolazione, che viveva soprattutto in campagna, mentre è aumentata di pari passo con l’inurbazione e la tecnologizzazione delle masse;
  • l’esistenza del problema è per lo più sconosciuta al grande pubblico, visto che i mass media non ne parlano;
  • gli enti pubblici ( sanità, pubblica istruzione ecc. ), pur disponendo dei mezzi per monitorare la situazione e programmare una soluzione efficace (come hanno fatto in altri momenti per altre situazioni problematiche) sono apparentemente all'oscuro del problema o, quantomeno, lo considerano di secondaria importanza; di fatto sono latitanti;
  • la politica organizzata (partiti politici, sindacati ecc.), non informata dagli enti pubblici competenti, non può intraprendere iniziative utili, continuando a sfornare (evidentemente, per ignoranza) leggi e regolamenti direttamente o indirettamente dannosi per i bambini , quali programmi scolastici ridondanti, riduzione eccessiva del tempo libero per giocare all'aria aperta, promozione della vendita di merendine e bibite artificiali e tossiche con divieto per gli alunni di portare a scuola merende fatte in casa, riduzione delle ore di educazione fisica, addirittura l'insegnamento di informatica quando oggi è molto probabile che il bambino ne sappia più dell'insegnante ecc.
  • l’esistenza del fenomeno respirazione orale è nota al pubblico dei medici, che però ne ignorano in gran parte l’origine, le conseguenze a lungo termine, l’importanza e le strategie di prevenzione e cura.

Respirazione Orale: Le figure specialistiche coinvolte

Vorrei invitare alla riflessione, in questa sede, su quest’ultima considerazione, e valutare quali sono i limiti culturali e tecnici dei vari specialisti che meritano un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella terapia della respirazione orale.

Essi, in ordine di “apparizione temporale” davanti al bambino sono:

  • il pediatra
  • l’otorino
  • l’allergologo
  • il logopedista
  • il dentista

Il pediatra è il primo ad incontrare il piccolo respiratore orale per i vari problemi che può presentare quando magari ancora respira parzialmente col naso: allergie più o meno evidenti, asma, otiti, raffreddori cronici o ricorrenti, iperattività, inappetenza, carie dentali ecc.

L’otorino riceve il bambino magari su consiglio del pediatra, a causa di otiti purulente, tonsilliti croniche, riniti allergiche, adenoiditi ecc.

Anche l’allergologo può essere chiamato in causa su consiglio del pediatra per le riniti allergiche, l’asma e i sospetti di intolleranza alimentari.
Il logopedista, nella veste di terapista miofunzionale, vede più di rado il bambino perché di solito le figure precedenti non consigliano ai genitori che possa essere di aiuto. Per lo più i logopedisti fungono da figura accessoria subordinata ai neurologi e ai foniatri nei disturbi dell’apprendimento e della parola.

Il dentista di solito vede il bambino per ultimo, e solitamente per due motivi: o perché è comparsa qualche carie che ha fatto lamentare il bambino, oppure perché, già più grande, allarma i genitori coi suoi denti storti.
Cerchiamo di esaminare con serenità e costruttività le varie figure professionali implicate, cercando di fornire qualche suggerimento finalizzato a migliorare la qualità del servizio di diagnosi e prevenzione.

Il Pediatra

bambino che respira con la boccaIl ruolo del pediatra sarebbe fondamentale per la visione d’insieme e per la precocità con cui visita i giovani pazienti.
Nel contesto di un'equipe specifica potrebbe coordinarla decidendo il target della terapia e sorvegliandone l’efficacia.
Nella maggior parte dei casi, però, non ha nozioni operative sull’eziologia metabolica della respirazione orale, sul ruolo preventivo e conformativo della biomeccanica ( muscoli mimici e masticatori anzitutto ) e sulle conseguenze a lungo termine che imporrebbero la necessità di una prevenzione quanto più precoce possibile. Quasi sempre è limitato e fuorviato dall'ipotesi dell'origine genetica ( e quindi non trattabile ) di questa patologia.

 

 

 

L’Otorino

L’otorinolaringoiatra, come il pediatra, spesso ha la possibilità di esaminare il bambino precocemente. Solitamente può lavorare in tandem col pediatra, che gli spedisce magari i casi di otite più a rischio di perforazioni timpaniche o di infezioni gravi, oppure quelli di tonsillite o adenoidite in odore di chirurgia. A volte è limitato e fuorviato dall'ipotesi dell'origine genetica ( e quindi non trattabile ) di questa patologia; più spesso è ignaro delle conseguenze a lungo termine (alterazioni maxillofacciali anzitutto), oppure le considera di poco conto: di fatto non è motivato e orientato in senso preventivo.
Nel contesto di un'equipe specifica potrebbe sorvegliare i parametri volumetrici e fisici dell’orofaringe del bambino, controllando obbiettivamente l’efficacia della terapia biomeccanica e metabolica nel tempo.
Purtroppo spesso non ha una preparazione sui meccanismi metabolici generali riguardanti la respirazione orale, né sulla prevenzione biomeccanica.
I suoi interventi terapeutici solitamente sono ad alto costo biologico ( ossia non biologicamente sostenibili ): la chirurgia delle tonsilliti e delle adenoiditi potrebbe essere evitata in molti casi, e peggio ancora non garantisce la ripresa funzionale successiva all’intervento ( come dimostrano i moltissimi bambini operati che continuano a respirare con la bocca per abitudine ormai acquisita ).
Se dopo l’eliminazione chirurgica delle tonsille il sistema immunitario non viene incoraggiato a ripartire e l’abitudine viziata a respirare con la bocca non viene interrotta, la catena di eventi innescata dai muscoli facciali che non funzionano proseguirà indisturbata.

Può capitare inoltre che le adenoidi inoltre si riformino, per cui è frequente il caso di bambini sottoposti più volte di seguito all'intervento chirurgico. Non è però l'unico problema cui si può incorrere in tema di tessuti linfatici tonsillari.
Il farmaco spesso usato per le riniti croniche e allergiche, ossia il cortisone e suoi derivati, pur avendo un’ottima efficacia momentanea sugli effetti ( = sintomi ), ossia il naso che cola e la congestione locale, non va a lavorare sulla causa, sui motivi che hanno portato all’effetto rinite, e per di più ha degli effetti collaterali importanti se usato a lungo termine sulle mucose nasali: come tale una terapia lunga a base di cortisone non può essere considerata biologicamente sostenibile.
Ci sono altri approcci, ma in genere non vengono insegnati agli specializzandi otorino; anche gli specialisti esperti spesso non ne hanno mai sentito parlare. Scarseggiano o sono addirittura introvabili specialisti preparati nella terapia omeopatica, fitoterapica o fisica (agopuntura, ozonoterapia, ossigenoterapia ecc.) delle conseguenze otorino della respirazione orale.
L’obiettivo dell’otorino medio è quello di curare soprattutto il sintomo dolore e gonfiore nel bambino rinitico, allergico, otitico ecc. Una volta terminato il sintomo generalmente non consiglia l’impiego di mezzi funzionali per prevenire che si ripresenti, magari sotto altra forma.
Spesso l’otorino rassicura i genitori dicendo che queste forme di allergia, di asma o di tonsillite regrediscono da sole verso i 10 anni. Questo è vero, ma nel frattempo al bambino è venuta la "faccia lunga" per l’abitudine a respirare con la bocca.
Sfortunatamente molti otorino, pediatri e dentisti considerano di scarsa importanza o addirittura ignorano che esiste un nesso tra la respirazione e la lunghezza della faccia, ritenendo che questa dipenda da fattori genetici… anche se non esiste il gene della faccia lunga!!

L'Allergologo

Il ruolo dell’allergologo sarebbe fondamentale se ragionasse come un internista aggiornato.
Nel contesto di un'equipe specifica potrebbe misurare fisicamente il metabolismo del piccolo paziente e prescrivere una terapia ricostituente generale atta a ottimizzare la qualità del sangue e la risposta del sistema immunitario.
L’allergia non è che uno dei tanti sintomi ( = effetti, conseguenze ) della sindrome da disadattamento psico-neuro-endocrino-immunitario che si manifesta principalmente e precocemente con la respirazione orale; per cui concentrarsi sull’allergia quando questa deriva dal sistema immunitario del bambino che non funziona bene, è un po’ come scambiare lucciole per lanterne.
In genere l’allergologo effettua ed esamina un gran numero di esami di laboratorio per decidere una terapia basata solitamente sulla somministrazione di farmaci chimici e sull’allontanamento del paziente da fonti di allergeni ( polvere, acari ecc. ).
Il problema delle allergie solo raramente si configura come allergia acuta grave vera e propria ( con crisi respiratorie improvvise e pericolose, reazioni cutanee ecc. ); più spesso si tratta di allergie “subliniche”, quelle divenute famose come “intolleranze alimentari”, e che danno sintomi non immediati ed importanti ma cumulativi e differiti nel tempo; la loro pericolosità consiste nell’azione subdola, insospettata e strisciante..
La moderna ricerca ha evidenziato che i principali fattori implicati nella genesi dei cambiamenti metabolici all’origine di questo tipo di allergie ( subliniche, subliminali, intolleranze, campi di disturbo ecc. ) sono i tossici chimici (medicine e alimenti sintetici) e fisici ( qualità dell’aria, campi elettromagnetici artificiali ).
Gli allergologi però non hanno studiato questi fattori all’università, non possiedono strumenti diagnostici sufficientemente sensibili e nel loro armamentario terapeutico possiedono per lo più altri farmaci sintetici ( vaccini, cortisone ecc. ), che però hanno gli effetti collaterali comuni a tutte le medicine sintetiche; tendenzialmente non hanno nozioni sull’impiego di medicine e terapie biologicamente sostenibili.

Il Logopedista

Il logopedista, teoricamente, ha molto di più che nozioni sulla biomeccanica: è uno che basa la sua professione sul fatto che

la giusta funzione normalizza l’organo e allontana il disturbo


Nel contesto di un'equipe specifica potrebbe istituire un opportuno programma di ginnastica posturale individualizzato, finalizzato a far ripartire la giusta funzione... un pò come quello che dà la spinta quando l'automobile è ingolfata!

Sfortunatamente non ha richieste in tal senso! Voglio dire che, da una parte è inesistente la “richiesta dei consumatori” ( perché nessuno informa i genitori dell’esistenza di questo problema), dall’altra è molto poca l’”offerta dei produttori” ( specialisti medici che lavorano in equipe per prevenire e/o interrompere la catena degli eventi sfavorevoli ).
Per questo, svolge la sua attività come collaboratore di neurologi, neuropsicologi, foniatri ecc., lavorando su bambini autistici, dislessici, con difficoltà di apprendimento e di linguaggio ecc.
Con tutto il rispetto per i bambini che hanno problemi così importanti, voglio però sottolineare una cosa: per questi bambini, che sono comunque la minoranza della popolazione, un servizio riabilitativo esiste; per i respiratori orali, che sono così comuni ( tanto che si può parlare ormai di frequenza epidemica ), non esiste nemmeno l’informazione!!!

Il logopedista può rendersi indispensabile per due motivi:

  1. perché può permettere al bambino di “sentire” come respira e perché respira così;
  2. perché può insegnare al bambino una nuova strategia per respirare, per deglutire ecc., e alla fine instaurare in lui una nuova abitudine funzionale che è determinante, anche solo per evitare una recidiva dopo tre anni di macchinetta per i denti…

Il Dentista

Il dentista è praticamente tra i più utili; sfortunatamente spesso è il più ignaro di tutti.
Storicamente la professione odontoiatrica ( relativamente all’ortodonzia, ossia quella che viene ritenuta comunememente la terapia dei denti storti, ma che è qualcosa di più complesso ed importante) si è evoluta in maniera tale che, sia i pazienti sia gli esperti ( cioè i dentisti ) sono convinti che le malocclusioni ( denti storti ) siano un problema solamente estetico determinato da fattori genetici e/o familiari. Stando così le cose, né gli uni possono pretendere un servizio migliore e attento anche alle cause reali, né gli altri possono offrirlo.
Si può forse dire che senza il dentista si può cominciare, ma certo non si può finire: infatti

i denti storti ( malocclusione ) sono l'ultimo anello della catena degli eventi,

e per tornare indietro si deve fare i conti necessariamente da questo.
Se un bambino arriva dai dottori dell'equipe entro i tre anni e per fortuna riesce a collaborare bene, e se inoltre i genitori sono disposti a seguirlo e ad aiutarlo, allora se la cava con una terapia ricostituente del metabolismo e con un ciclo di terapia miofunzionale; tutto si rimette a posto ( compresi i denti storti ), e si riesce ad evitare perfino la macchinetta per i denti… ma questa circostanza è più ideale che reale.
Attualmente i bambini arrivano dal dentista mediamente verso gli 8 – 10 anni, quando si può fare ancora molto, ma si è perso già del tempo utile.
Se anche l’internista, o l’allergologo, possono ristabilire il metabolismo, se anche il logopedista può far ripartire una giusta deglutizione, a 8 anni il palato ( e quindi il naso ) di un respiratore orale è ormai sottosviluppato, così come i muscoli della masticazione che servono anche per espandere il palato e il massiccio facciale in generale.
Se il dentista non espande il palato, ricreando il giusto volume e la giusta forma per la ripresa di una giusta funzione, tutto il buono fatto da logopedista, allergologo e otorino verranno a perdersi entro un anno, e questo a causa del rapporto indissolubile tra la forma ( aiutata dal dentista ) e la funzione ( aiutata da logopedista, otorino, allergologo, pediatra ).
È anche vero il contrario: ossia, senza l’aiuto almeno del logopedista, il lavoro del dentista sulla forma e il volume della bocca tendono a regredire, come dimostrano le statistiche ( circa il 50 % delle ortodonzie tendono spontaneamente alla recidiva; per questo ogni dentista al termine della terapia fornisce opportunamente l’apparecchio notturno di contenzione più o meno permanente ).

L'Osteopata

L'osteopata e o terapista cranio-sacrale dovrebbe essere sempre inserito e ben considerato in un'equipe focalizzata nel lavoro sui bambini. Anche questa figura, tutt'altro che di sostegno, risulta utile nel ruolo di "fluidificatore" come la logopedista miofunzionale, con la differenza che mentre la seconda svolge più un'attività di tipo cognitivo-comportamentale, il primo va a sbloccare quelle tensioni o quei nodi ( di cui il paziente non è nemmeno consapevole ) che ad esempio ostacolano un settore del cranio condizionando nel tempo un incrocio dentario. E' noto che in alcuni casi di morso incrociato basti anche l' intervento del solo osteopata per risolvere la situazione in poche settimane o addirittura pochi giorni.

Da quanto sopra emergono alcune considerazioni. Leggendo i ruoli e le effettive competenze dei vari specialisti, viene spontaneo interpretare il tutto come una denuncia di chi sa nei confronti di chi non sa e magari non gli interessa sapere perchè guadagna già abbastanza.
Chi scrive è invece certo del fatto che ogni operatore sanitario tenti di applicare onestamente ciò che gli è stato insegnato, e che ha imparato con sacrifici, fiducioso in un futuro ricco di opportunità di rendersi utile alla comunità.
Nessun medico è responsabile delle piccole grandi lacune ed errori presenti nelle pagine dei libri che ha studiato, o nella preparazione dei professori che ha frequentato.
Oggi però è evidente a tutti che si può e si deve fare di più; e in questo senso i medici hanno il dovere di aggiornarsi, non tanto sul nuovo prodotto o la nuova medicina sintetica all’ultima moda, ma sui tanti particolari, sulle tante piccole cose di tutti i giorni che non hanno mai capito, per la pigrizia di dover cercare, per l’abitudine ormai persa a chiedersi il perché delle cose.

Gli attuali ostacoli non alla diagnosi clinica, ma alla prevenzione e alla cura basata sulla soluzione delle cause e non sulla soppressione degli effetti sono:

  • i limiti culturali dei vari specialisti, dovuti al fatto che l’attuale insegnamento universitario non promuove la collaborazione tra le varie specialità dal punto di vista della comunicazione e del lavoro in equipe; non viene inoltre insegnato un approccio ai problemi cronici degenerativi ( quali la respirazione orale ) che tenga conto degli squilibri del sistema nervoso vegetativo, né tantomeno le strategie di prevenzione e di cura biologicamente sostenibili;
  •  Le terapie e le tecniche che hanno la massima probabilità di essere insegnate e quindi conosciute ed applicate dagli specialisti sono quelle basate sulla chirurgia e l’impiego di medicine sintetiche, i due approcci maggiormente sponsorizzati e su cui si investe di più soprattutto da parte del settore privato ( industrie farmaceutiche ).

Tali mezzi sono indispensabili per il trattamento di situazioni d’emergenza in cui c’e’ rischio per la vita, ma andrebbero evitate nella cura di malattie croniche, a causa dei loro effetti collaterali spesso incontrollabili e non valutabili a priori, che rendono il loro costo biologico non sostenibile da parte dei pazienti e della comunita’ in generale.

Stando così le cose, purtroppo, è molto improbabile che un duraturo e definitivo cambiamento di tendenza sulle priorità culturali e tecniche possa venire per iniziativa dei medici.
È essenziale che siano gli utenti di prestazioni mediche ( nel caso dei respiratori orali, evidentemente, i genitori e le famiglie ) a prendere la parola e pretendere che i medici si aggiornino e si spremano per fornire prestazioni biologicamente sostenibili.

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